Un’intervista di Tommaso Di Dio alla traduttrice Maria Fragkouli. Nata a Samos nel 1980, Fragkouli ha studiato Archeologia e Storia dell’Arte e Politica, Amministrazione e Comunicazione Culturale ad Atene. Ha vissuto per un periodo a Milano dove ha collaborato con la Casa e Archivio Lalla Romano e con Crocetti Editore. Dal 2013 fino ad oggi lavora come traduttrice freelance presso case editrici greche e collabora con riviste letterarie. Ha tradotto opere di Dino Campana, Guido Morselli, Elsa Morante, Anna Maria Ortese, Amelia Rosselli, Antonio Moresco, Mario Andrea Rigoni et al. Attualmente sta traducendo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda.
Tommaso Di Dio: Cara Maria, il tuo lavoro di traduttrice dalla lingua italiana al greco va avanti ormai da molti anni e ti ha permesso di incontrare e di portare in Grecia alcuni dei capolavori della letteratura italiana, alcuni anche per la prima volta. La prima domanda che mi viene spontaneo fare è quasi ovvia: da cittadina greca, come hai incontrato la cultura e la lingua italiana? Come è maturata nella tua vita il desiderio di farne una professione? Com’è cambiata la tua visione dell’Italia nel corso del tempo? Conoscere di più la cultura reale dell’Italia ha cambiato il tuo approccio alla lingua della traduzione?
Maria Fragkouli: L’italiano è stato da sempre per me una lingua affascinante e familiare, anche a causa della vicinanza fra le nostre culture. Forse il primo contatto è stato una vaga memoria acustica, il suono della lingua che ho ascoltato fin da piccola, mentre mio padre (che aveva studiato in Italia) guardava dei vecchi film italiani. Poi ricordo varie estati in compagnia dei suoi amici italiani. Dopo l’inglese e il francese, che ho studiato nel corso degli anni scolastici, ai tempi dell’università ho iniziato ad apprendere l’italiano. Leggevo tanta poesia italiana, ho continuato con autori classici del Novecento e cercavo di approfondirne la conoscenza con i mezzi di allora (non dimentichiamo che all’epoca internet non era ancora diffuso come oggi). All’inizio ho provato a tradurre alcuni brevi testi (poesie, racconti, saggi) per alcune riviste letterarie. Per arrivare al momento in cui ho scelto la traduzione come professione ci è voluto tempo, tra studi, viaggi, incontri con traduttori e autori italiani e altre coincidenze felici che hanno condotto a progetti e collaborazioni. Certo, da sempre ha prevalso una passione innata per le lingue e il loro universo vasto, le parole come esseri viventi, un amore nutrito durante gli anni e che è maturato infine nella decisione di seguire la strada della traduzione letteraria.
Oltre alla lettura di opere classiche del Novecento, cerco di tenermi sempre aggiornata sulle novità editoriali in Italia e, in più, seguo le traduzioni di autori italiani in altri paesi. Sono sempre aperta a proposte di amici italiani, che sono lettori forti o persone che lavorano nel campo della letteratura. Nonostante la vicinanza delle due nostre culture, un fenomeno strano è che non tutti i generi della letteratura italiana sono diffusi in Grecia. Mentre si possono trovare i soliti romanzi best seller, gialli ecc., sono pochi gli scrittori classici dell’Ottocento e del Novecento che sono stati tradotti e, allo stesso tempo, mancano alcuni titoli di autori considerati classici, per non parlare della letteratura ancora più antica.
T.D.D.: Nella tua carriera di traduttrice, hai lavorato sia con la prosa, che con la poesia. Hai da sempre avuto una naturale predilezione per entrambi i generi o la passione per uno è venuta prima? Quali differenze hai avvertito nel tuo lavoro con uno e con l’altro genere? C’è un nutrimento reciproco fra le due esperienze linguistiche?
M. F.: Traduco principalmente prosa italiana, non perché la prediligo alla poesia o al saggio. A volte si tratta di una scelta imposta dalla realtà editoriale, volente o nolente: la poesia e la saggistica sono dei generi che non vendono quanto la prosa. Indubbiamente, tradurre poesia è un lavoro più complicato e sottile, lo sforzo di trovare l’espressione precisa e definitiva non finisce mai: le parole oscillano continuamente, soprattutto per autori che hanno uno stile e un linguaggio singolari come per esempio, fra gli autori che ho tradotto, Dino Campana, Vittorio Sereni, Attilio Bertolucci, Amelia Rosselli. Ma lo stesso vale per Anna Maria Ortese, quando ho tradotto Il mare non bagna Napoli: le descrizioni di città, paesaggi e persone hanno un’aria profondamente poetica, metafisica, elusiva. Per me come lettrice e traduttrice, l’elemento principale che rende la prosa e la poesia due esperienze linguistiche altrettanto intense è la densità (la compattezza) e l’originalità dello stile e una certa raffinatezza – oppure al contrario la crudezza, la frugalità – del linguaggio. Il segno che l’autore segue la sua visione con coerenza, ossessione e onestà.
Continua su Pordenoneleggepoesia